"Un uomo abbastanza normale” - Ruggero Perugini

"Un uomo abbastanza normale”, prima edizione del luglio 1994, Arnoldo Mondadori Editore di Ruggero Perugini. Il libro risulta fuori catalogo.


Ruggero Perugini ha fatto parte della S.A.M. (Squadra Anti Mostro) dal 1986 al 1992. Spostato molte volte durante il servizio in Polizia, nel luglio 1989 è stato selezionato per un corso al F.B.I. di Quantico in Virginia U.S.A., presso il B.S.U. (Behavioral Science Unit). Durante l’esperienza americana ha modo di apprendere le nuove tecniche per l’identificazione dei serial killer. Tornato in Italia proverà a sfruttare questo patrimonio di conoscenze per dare la caccia al mostro di Firenze. Sarà proprio l’ispettore Perugini a scoprire durante una delle tante perquisizioni a casa di Pietro Pacciani, il proiettile calibro 22 infisso nel terreno, che costituirà un indizio di colpevolezza per lo stesso Pacciani. Nel libro scritto nella forma di diario, l’ispettore ripercorre tutta la vicenda. Perugini cercherà di analizzare il comportamento del mostro, comparandolo con quello dei molti serial killer che ha conosciuto in America: Zodiac Killer, Ted Bundy, Jeffrey Dahmer …. Non citerà mai i “Chicago Rippers” che invece per analogia di modus operandi saranno notati dal suo successore Michele Giuttari.

L’ipotesi “Perugini” è quindi la seguente: (attenzione può costituire spoiler)

Perugini scrive di non credere all’ipotesi della setta satanica, considerata tra le ipotesi durate le indagini, e di propendere per un serial killer solitario. L’ispettore fa vari richiami alla “Primavera” del Botticelli, che inserisce anche in copertina, evidenziandone con il colore rosso le rose che fuoriescono dalla bocca della ninfa Clori. Traspare la certezza nella colpevolezza di Pietro Pacciani, fatto che può sembrare scontato in quanto fu Ruggero Perugini a scoprire il “gingillo” calibro 22 il 29 aprile 1992.

La teoria del Botticelli

All’interno del libro di Ruggero Perugini sono contenuti più riferimenti allusivi di un certo collegamento non chiaramente specificato tra il dipinto La Primavera del Botticelli e i delitti del mostro di Firenze. La stessa copertina del libro raffigura un dettaglio del dipinto in b/n: la ninfa Clori che rapita da Zefiro emette dalla bocca un filo di fiori in segno della trasformazione in Flora. Il filo di fiori è nella copertina mascherato da una coloratura rossa.

Il dipinto conservato agli Uffizi di Firenze è datato tra il 1478 e il 1482. Realizzato per la Villa Medicea di Castello, rappresenta nove personaggi disposti di fronte ad un boschetto, la scena va letta da dx verso sx e individua il vento Zefiro che rapisce la ninfa Clori per amore e la mette incinta; da questo atto la ninfa rinasce trasformata nel terzo personaggio, Flora, la personificazione della primavera. Al centro campeggia Venere sovrastata da Cupido, mentre a sinistra si trovano le Grazie intente in una danza ed infine Mercurio intento a scacciare le nubi.

Il dipinto presenta vari livelli di lettura: uno mitologico legato ai soggetti rappresentati, uno filosofico legato all’amore neoplatonico e uno storico legato alle vicende dinastiche del committente (Lorenzo de’ Medici).

Il 15 luglio 1994, nel corso del processo Pacciani, viene sentito il prof. Francesco Bruno. Rosario Bevacqua domanda al prof. Bruno cosa ne pensi “ nell'accostare la figura della Venere del Botticelli e quella della povera Carmela Di Nuccio. Lei ha visto queste fotografie: sono state accostate; addirittura il capo della SAM ha fatto un riferimento ben preciso, tant'è che è illustrato anche un suo libro. Va bene. Ecco, che cosa ne pensa lei? Aveva una collana in bocca, eccetera.”

La risposta di Bruno è che “Zephiro, e l'altra la ninfa Flora che proprio dall'amore, dal contatto erotico con il vento Zephiro, diventerà primavera e come tale farà diventare fiori tutto ciò che tocca e entrerà nel regno di Venere. Ma se le cose stanno così e coloro che tutti i grandi, diciamo, studiosi della storia dell'arte concordano con questa interpretazione, è evidente che questo è esattamente l'opposto del "mostro".

Sempre per Bruno la collana fra le labbra della Di Nuccio rappresenta il risultato di un’azione di trascinamento e che il collegamento fatto dalla SAM sia un’interpretazione sbagliata nata “da un bisogno interiore proiettato sul quadro del Botticelli”. 

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